Ci ha lasciato, Carlo Ubbiali, una delle leggende del motociclismo italiano. Addio alla “volpe”, così era chiamato per la sua scaltrezza e astuzia in gara, per il suo modo intelligente di correre. Come dire, “usava la testa”, come del resto tutti i grandi campioni; era un tutt’uno con la moto, conosceva bene le sue caratteristiche tecniche, ma soprattutto era abile, furbo, capace di centellinare la forza della moto, di vincere all’ultima curva, all’ultimo metro, anche in volata per pochi centimetri.

             

Aveva 90 anni, era nato a Bergamo, il 24 settembre 1929, viveva nel quartiere San Paolo, ed è morto nella “sua” Bergamo. La sua è stata una grandissima carriera: riuscì ad aggiudicarsi nove titoli mondiali (sei nella classe 125 e tre nella 250), ma anche otto campionati italiani, vincendo in tutto 39 corse iridate sulle 74 alle quali prese parte. Il primo titolo iridato il “cinesino”, così era chiamato per il taglio a mandorla dei suoi occhi, lo vinse nel 1951, in sella alla Mondial. Proprio gli anni tra il 1951 e il 1960 lo videro come protagonista assoluto della scena mondiale, grazie a sei titoli iridati nella 125 cc (1951, 1955, 1956, 1958, 1959, 1960) e tre nella 250 cc (1956, 1959, 1960).

Dopo Giacomo Agostini e Valentino Rossi, è stato, ed è, uno dei motociclisti italiani più apprezzati e vincenti, il più ricordato appunto per le sue vittorie. Soprattutto negli anni pionieristici del motociclismo, gli anni ’50 e ’60: famosi e avvincenti i suoi duelli con Tarquinio Provini, il suo rivale più pericoloso e temuto, in sella alla MV Agusta, che riproponevano nel motociclismo quello che capitava sulle strade nel ciclismo fra Fausto Coppi e Gino Bartali.

Per molti piloti di allora, in particolare per Agostini (15 volte campione del mondo!), anche lui bergamasco, era un mito, una fonte d’ispirazione, un punto di riferimento.

Vince tanto, peraltro in pochi anni, ma se allora ci fossero state le gare di oggi, che sono il doppio, certamente sarebbe stato il “re del motociclismo”, colui che avrebbe vinto più di tutti. Ma allora era così. Certamente era un grandissimo, non fosse altro per le vittorie che raccolte in una delle gare più belle e pericolose del mondo (ancora oggi), il Tourist Thophy, nell’Isola di Man, in Inghilterra, che vinse ben cinque volte.

La carriera di Carlo Ubbiali, come detto, non fu lunghissima. Il centauro bergamasco decise di appendere il casco al chiodo a soli 30 anni: lasciò da campione in carica, poco dopo la morte del fratello.

Non amava tanto i riflettori, poche le uscite pubbliche: era il classico bergamasco, schietto ma schivo. Lo scorso 16 dicembre 2019 era stato premiato col “Collare d’Oro” al merito sportivo dal CONI, la più alta onorificenza conferita dal Comitato olimpico nazionale. La cerimonia si è tenuta presso il Foro Italico, a Roma, e con lui erano stati premiati anche altri campioni delle due ruote, tra cui Marco Lucchinelli, Mario Lega, Luca Cadalora ed Eugenio Lazzarini. In precedenza, Ubbiali aveva già ricevuto altri attestati e riconoscimenti, fra i quali il Trofeo “Sportman dell’anno” nel 1961, seguito al “Premio dell’atleta” del 1959.